Il luogo per parlare di innovazione è quello giusto. Il Parco Scientifico Kilometro Rosso di Bergamo, cittadella della scienza in cui operano quarantatré realtà tra aziende, startup e gruppi di ricerca, ha compiuto dodici anni da poco, e ha conservato nel Dna la sua “mission primordiale”: fare network per innovare.
Una “fabbrica di genio”, dunque, in cui parlare di innovazione è all’ordine del giorno e in cui si incontrano gli innovatori dei giorni nostri che, ognuno con le proprie capacità, contribuiscono al progresso.
Un esempio del loro operato è quello che si è colto durante l’evento “La meccanizzazione agricola, tecnologie 2.0 in campo”, promosso da Confindustria Bergamo, in collaborazione con Bergamo Scienza e la Camera di Commercio, che ha visto la partecipazione di docenti, ricercatori, responsabili di startup e di Same Deutz–Fahr, madrina dell’iniziativa.
Tutti insieme hanno delineato il futuro della meccanizzazione agricola, illustrando alla platea quello che presumibilmente sarà il futuro molto prossimo del settore primario.
Dopo una doverosa premessa del prof. Luigi Sartori dell’Università di Padova in tema di agricoltura di precisione («è lo strumento per risolvere le grandi sfide che l’agricoltura deve affrontare nei prossimi anni: aumentare le produzioni quantitativamente e qualitativamente, ridurre i costi, diminuire l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, e migliorare lo status dell’imprenditore agricolo»), si è parlato di droni e di vigneti sempre “connessi”. E si è svelato anche che cosa intende il costruttore Same Deutz Fahr per meccanizzazione del futuro.
UN OCCHIO VIGILE SUL VIGNETO
Daniele Trinchero (nella foto sotto), ingegnere del Politecnico di Torino e responsabile degli iXem Labs, ha un pallino: portare ovunque la tecnologia, ma in maniera ecosostenibile.
Tanto per capire il suo approccio, basti pensare che con il suo gruppo di lavoro ha realizzato la copertura wi-fi in tre isole dell’Oceano Indiano, e gli hotspot wi-fi sono stati “nascosti” nelle palme.
«La tecnologia intrusiva – sottolinea Trichero – mi infastidisce». Con la stessa filosofia ha avviato un progetto con due noti viticoltori italiani: sviluppare tecnologia per monitorare i vigneti, sempre mettendo in primo piano la sostenibilità. La strumentazione quindi doveva essere piccola, non doveva essere brutta, e doveva rispettare l’ambiente in cui sarebbe stata collocata.
MASSIMIZZARE LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Così è stato fatto: «Con una telecamera di piccole dimensioni che riprende i particolari di crescita della pianta – ha spiegato l’ingegnere – abbiamo fatto in modo di sviluppare una tecnologia che, tra le altre cose, permettesse di limitare l’uso della chimica. Volevamo un occhio dotato di sensori che sostituisse l’occhio umano, ma senza stravolgere l’ambiente circostante».
Il problema con cui si è dovuto fare i conti è ben noto ai frequentatori delle campagne: l’assenza di rete. «Ma – ha puntualizzato Trichero – i nostri sensori hanno il difetto di doversi collegare a Internet». Ecco quindi la necessità di «una tecnologia in grado di parlare con sé stessa e in grado di trasportare l’informazione per arrivare dove Internet c’è».
«Abbiamo minimizzato il consumo energetico, e abbiamo lavorato su dispositivi che già esistono rendendoli piccoli – ha proseguito l’ingegnere –. Il nostro sensore “parla”, trasmette i dati, riporta informazioni a altri sensori finché non riesce a uscire dalla campagna priva di internet per andare a connettersi. Il tutto con una semplice batteria stilo e senza alcun tipo di manutenzione».
Nel contesto vignaiolo Trinchero e il suo team hanno scelto di lavorare con le centrali meteo, facendo però un’operazione destinata a ridurne le dimensioni: «Abbiamo lavorato per dematerializzare la stazione meteo, l’abbiamo scomposta in tutti i suoi componenti e abbiamo posizionato i singoli sensori nel luogo più corretto: il sensore di umidità del terreno è stato collocato nel suolo, e via dicendo».
ALTO CONTENUTO TECNOLOGICO E COSTI RIDOTTI
La centrale meteo è stata quindi “sparsa” per la vigna e dotata della capacità di implementare video ( monta un sensore esattamente uguale a quello di un iPhone) e ora il sistema completo prevede una rete di primo livello che si sviluppa su diverse vigne; in ogni vigna ci sono dei punti di nodo che si collegano tra loro e localmente ogni nodo gestisce una rete locale.
In questo modo i sensori mandano info, foto e video relativi alla vigna (ma il sistema può essere mutuabile su altre colture) ed è quindi possibile monitorare lo stadio di maturazione dell’uva, gli eventuali attacchi, ecc.
Il sistema è in vendita: la telecamera costa 300 euro, il costo dei sensori varia in funzione della tipologia. L’investimento dovrebbe ritornare in tempi brevi, poiché l’applicazione di questi dispositivi dovrebbe ridurre il numero dei trattamenti.
DRONI CHE SORVOLANO I CAMPI
L’utilizzo dei droni al servizio del monitoraggio colturale e dunque dell’imprenditore agricolo. Di questo, in sintesi, ha parlato Aldo Calcante dell’Università degli Studi di Milano.
«Per prima cosa – ha puntualizzato Calcante – per introdurre l’utilizzo dei droni nel settore agricolo occorre una precisazione: si fa agricoltura di precisione con successo se a monte vi è una raccolta di dati da fonti multiple, capillare, puntuale, e utile». «Con un approccio diverso – ha avvertito il ricercatore – il rischio è di perdere risorse».
In altre parole, l’obiettivo della precision farming è certamente quello di ottenere delle lavorazioni ben fatte e precise, ma soprattutto di aiutare gli imprenditori agricoli a prendere decisioni corrette riguardo alle loro attività. Se non è efficace dal punto di vista economico, non ha senso farla.
«In questo contesto – ha fatto presente Calcante – il drone può occupare una posizione da protagonista nella raccolta dei dati e di monitoraggio».
I LIMITI DELLE TECNOLOGIE TRADIZIONALI
Le tecnologie che normalmente vengono utilizzate per fare monitoraggio delle colture sono il telerilevamento (una visione da grande distanza tramite satellite o mezzo aereo che permette di acquisire informazioni su un dato territorio), i rilievi in pieno campo, le mappe di produzione, l’installazione di punti spia e lo scouting, che vede come protagonista l’esperto, l’agronomo, che osserva e valuta quello che avviene.
«Con il telerilevamento – ha precisato il ricercatore – la risoluzione deve essere adeguata, altrimenti non serve a molto. E poi occorre considerare che un satellite passa secondo le sue orbite e dunque non secondo i desideri o le necessità dell’imprenditore agricolo. Con il vettore aereo le cose naturalmente cambiano poiché si può stabilire la data del volo, ma ovviamente non è una tecnologia alla portata di tutti».
Il che tradotto significa che non sempre l’applicazione di queste tecnologie ha un riscontro economico positivo per l’azienda agricola. Come ha fatto notare Calcante, catturare le immagini può essere oggi un’operazione tutto sommato fattibile, ma il vero problema sta nel “tradurle” e utilizzarle nel processo decisionale aziendale ricavandone effetti positivi.
«Oggi le mappe di produzione sono lo strumento più utilizzato per poi mettere a punto le mappe di prescrizione – ha spiegato Calcante –. Ma bisogna considerare che se si basano sul volo dell’anno scorso, avranno un’utilità relativa per le produzioni di quest’anno».
UNA GAMMA VASTISSIMA DI APPLICAZIONI
Ecco quindi che l’utilizzo dei droni supera molti dei limiti delle tecnologie “tradizionali”. Con questi strumenti si ha un rilievo di vettori aerei, ma il vantaggio è che volano basso – circa 60 metri dal piano di campagna – e dunque la risoluzione delle immagini è migliore e tutto sommato il processo risulta più easy.
«Non tutte le aziende si possono dotare di un drone – ha evidenziato Calcante – ma le società di servizio sì. Inutile dire che le risposte ricavate da un drone sono certamente più rapide rispetto a quelle ricavate da un volo aereo o da un satellite».
Va da sé, quindi, che le applicazioni potenziali sono le più svariate: distribuzione mirata di agrofarmaci, attività di lotta biologica, rilievo di stress sulla coltura monitorata, rilievo di problematiche legate all’irrigazione, monitoraggio della dotazione di concime di un terreno, monitoraggio delle malerbe e conseguente gestione sito-specifica del diserbo.
IL NODO DELL’INTERPRETAZIONE DEI DATI
Ci sono però anche dei punti interrogativi, proprio perché la tecnologia è ancora molto giovane: ad esempio non si conosce la durata della vita di un drone, non si è ancora certi della loro capacità di carico, della durata delle batterie, e luci e ombre ci sono anche sul tema delle assicurazioni.
«E poi – a detta di Calcante – il vero punto interrogativo resta l’interpretazione dei dati: non è sufficiente raccoglierli e gestirli, i dati per essere utili vanno anche interpretati». «Insomma – ha concluso il ricercatore – il potenziale c’è. Ma il mondo della ricerca deve lavorare ancora tanto».
UN VOLO CHE POTREBBE ESSERE FERMATO
Quello che è già possibile dal punto di vista tecnologico, in realtà potrebbe essere fermato dalla normativa: secondo le leggi attualmente vigenti, sul volo dei droni ci sono una serie di restrizioni e dunque il timore è che questi ritrovati possano essere fermati ancor prima di iniziare a dare concretamente il loro contributo allo sviluppo del sistema agricolo.
Per quanto riguarda le applicazioni nell’uso dei fitofarmaci, poi, in Italia la distribuzione in volo è bandita, dunque anche in questo caso l’idea è buona, ma non è percorribile dal punto di vista normativo.
LA MECCANIZZAZIONE 2.0 SECONDO SAME DEUTZ-FAHR
«I trattori hanno avuto una fortissima evoluzione negli ultimi anni, soprattutto per quanto attiene i contenuti elettrici». Ha esordito così Francesco Taroni, R&D Electric & Electronic System Manager di Same Deutz-Fahr, che ha poi puntualizzato: «oggi il vero centro di comando del veicolo è il posto di guida», ma bisogna citare anche il sistema di autoguida: «i nostri trattori potrebbero viaggiare anche da soli».
Per quanto riguarda il futuro oramai prossimo, Taroni non ha dubbi: «l’alternativa ai sistemi Gps è l’aspetto di visione, che permette di conoscere lo stato dei filari, lo stato delle colture». E poi la possibilità di far “comandare” l’attrezzo e non il trattore: sarà la news dell’Agritechnica di Hannover.
A parte questa breve carrellata di novità tecnologiche, quello che rileva Taroni è che per i costruttori con l’innovazione cambia la prospettiva: non più solo prodotti, ma anche servizi.
L’ha spiegato bene Giuseppe Tufano, Commercial Director di Same Deutz-Fahr, lanciando una provocazione: «tra qualche anche anno il settore agricolo subirà la stessa evoluzione che c’è stata nel mondo delle macchine fotocopiatrici, in cui si è passati dal possesso del prodotto, alla richiesta di un servizio. È molto probabile che anche noi passeremo dal fornire un prodotto al gestire un servizio di consulenza ai nostri clienti».
PER CONCLUDERE, UNA RIFLESSIONE
Dunque, l’innovazione tecnologica e la ricerca hanno già messo a punto un’agricoltura che viaggia a una velocità decisamente sostenuta. Il settore primario, ossia il settore che ha il più alto tasso di senilizzazione, sarà in grado di affrontare tutto questo?
© Emanuela Stìfano
Fonte immagini: Aldo Calcante relazione, Cnr Expo Lab, iXem Labs Foundation, Same Deutz-Fahr.