HomeNewsLa verifica funzionale e la taratura delle irroratrici in Italia: un servizio a regime, ma qualche dubbio rimane La verifica funzionale e la taratura delle irroratrici in Italia: un servizio a regime, ma qualche dubbio rimane News 29/03/2018 - meccagri Le prime esperienze relative alle attività di verifica funzionale e taratura delle macchine irroratrici sono state svolte in alcuni comprensori già nei primi anni ’80 del secolo scorso. Tuttavia un certo impulso alla diffusione di questo tipo di verifiche su scala interregionale lo si ebbe solo con la promozione della difesa integrata nell’ambito del Regolamento 2078/92, del successivo Regolamento 1257/99, nonché dall’emanazione dei successivi Piani di Sviluppo Rurale. Importante fu anche la Legge 578 del 5 novembre 1996 che attivò il Programma Interregionale Agricoltura e Qualità, con la sua Misura 4 “Impiego dei fitofarmaci ed efficienza distributiva delle Irroratrici”. DA ATTIVITÀ SPERIMENTALE A VERO E PROPRIO SERVIZIO Il programma ha finanziato a partire dal 1998 una serie di attività di sensibilizzazione e di corsi dedicati all’abilitazione dei tecnici adibiti all’effettuazione dei controlli sul territorio. In molti casi questi regolamenti erogavano finanziamenti per misure che prevedevano espressamente la sottoposizione a verifica funzionale e taratura della macchina utilizzata per la distribuzione dei fitofarmaci come condizione sine qua non per l’accesso agli stessi. Tale presupposto ha infatti favorito lo sviluppo di questo particolare servizio che, da mera attività sperimentale, è andato sempre più affermandosi sul territorio come servizio atto a migliorare l’impatto ambientale dovuto alla distribuzione di fitofarmaci. Alla fine del 2011 erano presenti sul territorio Italiano già 146 centri accreditati per seguire questi controlli, ovvero un centro ogni circa 4.000 macchine irroratrici. La successiva direttiva 2009/128/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, recepita con il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, ha istituito un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari e in applicazione dell’art. 6 del predetto decreto legislativo è stata predisposta una prima bozza del Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. IL PIANO DI AZIONE NAZIONALE PER L’USO SOSTENIBILE DEI PRODOTTI FITOSANITARI (PAN) Per la sua elaborazione è stato istituito un apposito Tavolo Tecnico di cui hanno fatto parte rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare, del Ministero della salute, delle Regioni e Province autonome, nonché di altri enti ed istituzioni competenti per le diverse materie. Il Decreto Legislativo n. 150 del 14/08/2012 stabiliva che tutte le attrezzature per la distribuzione di prodotti fitosanitari impiegate da operatori professionali devono essere sottoposte a verifica funzionale presso centri accreditati entro il 26 novembre 2016. Tale scadenza riguardava tutte le irroratrici acquistate prima del 26 novembre 2011, mentre per quelle acquistate in data successiva il controllo andava invece effettuato entro 5 anni dalla data di acquisto. Fanno eccezione la macchine utilizzate dai contoterzisti, per i quali l’intervallo tra i controlli non deve superare i due anni, mentre le attrezzature nuove vanno sottoposte al primo controllo funzionale entro 2 anni dalla data di acquisto. OBBLIGHI E SANZIONI Il mancato adempimento nei termini è sanzionato con una pena pecuniaria da euro 500 a euro 2.000, oltre alla riduzione del premio sulle misure 10 (Pagamento agro climatici ambientali) e 11 (Agricoltura Biologica) del PSR. Da questo obbligo sono invece esonerate le sole irroratrici portatili e spalleggiate azionate dall’operatore, mentre per alcune macchine ritenute poco impattanti sull’ambiente (come le barre umettanti, le solforatrici, le piccole barre dotate di schermatura antideriva comunemente impiegate per il diserbo sulla fila di vigneti e frutteti, i microgranulatori applicati alle seminatrici, i fogger) tale adempimento è stato differito all’ormai prossimo novembre 2018. Affinchè fosse possibile adempiere a tali obblighi imposti a livello comunitario un apposito gruppo di lavoro tecnico, coordinato dal prof. Paolo Balsari (nella foto sopra) del DEIAFA dell’Università di Torino e composto da personale nominato dalla maggior parte delle Regioni e Provincie autonome italiane, ha messo a punto una serie di documenti, recepiti poi anche a livello normativo, e che fanno da riferimento a livello nazionale sia per l’effettuazione delle verifiche strumentali che per le tarature delle macchine irroratrici. Proprio la redazione di documenti univoci a livello nazionale ha permesso anche di istituire una sorta di mutuo riconoscimento tra i controlli effettuati nelle varie regioni. Dato però il fatto che verso la fine del 2016 si stimava che ben 580.000 circa fossero le macchine irroratrici operanti sul territorio mentre solo 50-60.000 erano le macchine effettivamente già verificate, l’ottemperare ai dettami comunitari diveniva piuttosto arduo, se non addirittura impossibile in quelle regioni laddove la distribuzione dei centri sul territorio non era ancora sufficientemente capillare. CENTRI PROVA: UNA PRESENZA CRESCENTE SUL TERRITORIO In quel periodo erano infatti operativi sull’intero territorio 250 centri, ma, come si può osservare dall’immagine qui, sotto la loro distribuzione non era sufficientemente capillare, specie nelle regioni centro-meridionali. Si trattava tuttavia di una situazione transitoria, dovuta soprattutto al fatto che la quasi totalità delle aziende interessate dai nuovi obblighi hanno posticipato fino all’ultimo istante l’effettuazione della richiesta ad un centro accreditato di sottoporre a verifica le macchine in loro possesso. Tale fenomeno ha certamente ritardato gli adempimenti, ma non essendo comunque un fenomeno egemonizzato ha comunque permesso un notevole incremento sul territorio dei controlli effettuati come si può vedere dall’immagine seguente. Giunti a questo punto le regioni operarono soprattutto in due modalità differenti, alcune concessero una droga a tali termini perentori purché la macchina irroratrice fosse comunque sottoposta a verifica funzionale prima del successivo utilizzo in campo, altre invece permisero ai centri operanti di rilasciare una sorta di “deroga temporale” alle aziende che comunque avessero provveduto a prenotare la verifica funzionale mettendosi in lista di attesa per l’effettuazione del controllo vero e proprio. Ad ogni modo anche l’interesse verso l’apertura di nuovi centri non è certo scemato, tanto che all’inizio di quest’anno risultavano operativi in Italia 320 centri, e anche la loro diffusione nelle regioni meridionali risultava alquanto migliorata. Ad oggi quindi è possibile affermare che questo servizio possa essere considerato “a regime” dato che in molte regioni il “target” (inteso come numero di macchine da sottoporre a verifica funzionale entro i termini sopracitati, o comunque con “prenotazione effettuata” del controllo funzionale) è stato ormai raggiunto, anche tenendo presente che le macchine più obsolete verranno di fatto escluse dall’effettuazione dei trattamenti (anche per non avere l’onere delle verifiche periodiche). UNA NOTA POLEMICA Ad ogni modo, seppur la verifica funzionale e soprattutto la successiva taratura strumentale siano un valido aiuto, è comunque chiaro che effettuare un trattamento fitosanitario in maniera tale da ottimizzarne l’efficacia e al contempo di minimizzare l’impatto ambientale dello stesso non è certo una cosa semplice, anche perché le indicazioni riportate sull’etichetta dei fitofarmaci sono spesso fuorvianti e talvolta difficili da interpretare. Ad esempio i dosaggi in etichetta fanno sempre riferimento ad una data dose minima e massima di prodotto da distribuire per unità di superficie (di campo), mentre almeno per i prodotti che agiscono per copertura sarebbe opportuno invece fare riferimento alla quantità di vegetazione da trattare (tanto per estremizzare il concetto si faccia riferimento all’effettuazione ad aprile un trattamento rameico su di una vite ad alberello rispetto al medesimo formulato da distribuire però su di una vite allevata a tendone con un trattamento effettuato a luglio. È abbastanza palese che la quantità di prodotto necessario per ottenere la medesima entità di copertura nei due casi può tranquillamente variare di 10 o più volte, mentre di norma i dosaggi riportati in etichetta hanno una variazione tra il minimo e il massimo che va da 1 a 2. Il problema è che, se per ovvi motivi i dosaggi riportati in etichetta non possono essere superati (per via del rischio di incorrere in pesanti sanzioni) anche eventuali sottodosaggi portano al rischio di incorrere nelle medesime sanzioni. A complicare ulteriormente le cose c’è il fatto che con alcune macchine recentemente messe a punto, come gli atomizzatori scavallanti con pannelli di recupero, è possibile recuperare la quota parte di miscela fitoiatrica che oltrepassa la vegetazione (e che con le macchine tradizionali andrebbe inutilmente dispersa nell’ambiente) per poi riutilizzarla. Ora, dato che nei trattamenti nelle prime fasi vegetative tale quota parte rappresenta spesso l’80 per cento del volume distribuito, risulta palese che la medesima copertura della vegetazione sia ottenibile con 1/5 del prodotto irrorato. © Davide Facchinetti Fonte immagini: Autore, Enama, Meccagri. irroratrici | Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari